L’arte dei barcari, dei cavalànti e dei tiranti nei fiumi e canali
Attorno ai fiumi, ai canali e in genere ai corsi d’acqua si è formato nel tempo uno specifico e stretto rapporto tra uomo e ambiente e in particolare tra le risorse naturali e il loro equilibrato sfruttamento.
Ogni pezzo di barca, tratto di fiume o strumento di lavoro sono noti e individuati con un nome particolare, segno evidente di una conoscenza accurata e di una familiarità con il mezzo e con tutto l’ambiente.
Non si tratta solo dei barcàri, ma di tutto quel microcosmo che attorno a loro si è sviluppato e attorno a loro è morto. Il trasporto in acque interne si è avvalso da sempre di figure professionali specifiche, come i paròni de barca o barcàri (proprietari e armatori), i cavalànti (prestatori di animali per il tiro da terra), i sabionàri (coloro che estraggono sabbia dagli alvei del fiume), gli zattièri (conduttori di zattere per la fluitazione del legname), i portinàri (manovratori delle porte delle conche), i palattieri (esattori di pedaggi), i traghettatori (conduttori di barche da una riva all’altra del fiume), i peòti (piloti esperti di particolari tratti di fiume); e inoltre gli altri artigiani comuni nel mondo marinaio come gli squeraròi (ora maestri d’ascia), i canavìni (costruttori di cavi), i remèri (costruttori di remi e forcole), i marinari (aiutanti a bordo), i morè (mozzi).
La scomparsa pressoché totale dei mestieri del fiume ha segnato una svolta epocale: visto che i guadagni andavano riducendosi sempre più, tutti questi uomini furono costretti ad abbandonare il loro bagaglio di arte, passione e tradizione per intraprendere una nuova attività.
Alcuni sostituirono il burcio con un camion, altri, come gran parte dei barcàri di Battaglia, entrarono a lavorare nelle fabbriche della zona, pochi altri, i più anziani, cercarono di continuare il loro lavoro nel porto di Venezia.
Per più di cinquant’anni non si seppe più nulla di loro; forse solo qualche racconto, memore di un passato tanto lontano, divenne favola per i bambini e nulla più. Finché un giorno, quasi per caso, si ebbe modo di riscoprire un paese che di quel microcosmo fluviale era stato il centro, Battaglia Terme, che cominciò ad essere studiata e apprezzata come “paese di ex barcàri”.
Per gentile concessione di Anna Ziliotto – Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Culturali Anno Accademico 2003-2004 UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA Facoltà di Lettere e Filosofia