San Giovanni Nepomuceno, il Santo protettore dei Barcari e delle acque a Battaglia Terme
20 marzo 2019 – San Giovanni Nepomuceno, ricordando il monumento di Battaglia Terme, di Lino Battan
San Giovanni Nepomuceno 1336 – 1393, vicario di Praga, grande Santo, grande martire, morto annegato per non tradire i principi della fede cattolica. La tradizione dice che fosse il confessore della regina e per non rivelare il segreto del confessionale al Re geloso ha preferito farsi gettare vivo nella Moldava.
Il santo è protettore dei Barcari, delle acque e del segreto confessionale.
L’incontro: “Gnese, ciama dentro el picoo e lè xa negà come San Zuane”.
Cosi dalle preoccupazioni della nonna vengo a conoscere un nuovo Santo.
Si, per forza, perché al termine di ogni temporale, ancora sotto una pioggerellina sottile, io sono già fuori di casa a caccia di pozzanghere e corro attraverso la prima e salto dentro la seconda e, per alzare spruzzi più alti, ci salto dentro a piedi uniti nella terza… e cosi via per tutto il cortile e la nonna naturalmente si dispera.
“Gnese, faeo vegner dentro che nol se ciapa on maean”
E mia madre: “come che fasso? So qua coi do pi picoi e assa chel salta, fin chel canta vol dire chel stà ben e nol se maea”.
Quando ritorno in casa la nonna mi ricorda ancora: “ma no te vedi? te si tuto concià peso de San Zuane. Co ghe se ea neve no te ferma nisun e te torni coea neve in testa, sue spae, sue recie come i arbori, se xe bagnà te salti sue buse e te te bagni tuto”
Ed io replico, “no, nonna non ho bagnato niente, avevo tolto i sandali”
E lei: “Gheto sentio Gnese el gera fora in mezo a acqua a piè nudi, cusi’ o el se maea o el finisse negà come San Zuane”
La mamma è tutta presa con la sorellina ed io approfitto allora per chiedere alla nonna di questo San Zuane.
Ed è cosi che è scopro la figura di San Giovanni Nepomuceno o San Zuane.
Da allora attraversando il centro di Battaglia Terme ho sempre fatto una breve sosta davanti alla magnifica statua eretta in suo onore, incantato di fronte al suo portamento austero, dignitoso, ma con uno sguardo sereno a me rivolto da sotto l’ombrello processionale.
Mi sentivo un po’ a disagio nel constatare come il monumento fosse segnato dal gocciolare dell’acqua e da altro sporco, necessitava di una bella ripulita ma al momento le priorità erano ben altre, giusto a fianco, sul Ponte degli Scalini distrutto dai bombardamenti, per consentire l’attraversamento del canale verso via Terme era stata approntata una passerella in legno; una struttura ideale per ancorare il palo orizzontale della cuccagna durante i giochi estivi, quando i giovani più brillanti ed intraprendenti si avventuravano su quel lungo cilindro orizzontale imbrattato di grasso che per ore respingeva i loro tentativi di conquista facendo piombare gli audaci competitori nelle acque del sottostante canale.
Fin da allora, ed ancor oggi però, non capisco perché la statua monumentale sia stata rivolta verso via Maggiore, quasi ad osservare i passanti sulla strada statale o ad assistere al mercato settimanale che si svolgeva sul largo marciapiede prospiciente.
Ho sempre considerato questa disposizione errata, il santo protettore dei “Barcari” e delle acque, doveva guardare verso la corrente del canale per controllarne le condizioni ed intervenire in caso di pericolo.
Purtroppo il giorno del grande santo, protettore dei “Barcari”, con una nutritissima ed importante comunità in Battaglia Terme, cade fra due feste ancor più attese in paese, il 19 marzo, festa di San Giuseppe protettore della famiglia e Festa del Papà, e il 25 marzo giorno della Sagra del Pigozzo. Ciò mi dispiace perché la presenza in una settimana di due ricorrenze cosi conosciute e coinvolgenti per la comunità, fanno passare praticamente in secondo ordine il giorno dedicato a San Giovanni Nepomuceno, che già non gode dei supremi favori del paese, a lui infatti hanno preferito San Giacomo maggiore come patrono e San Bartolomeo per la fiera annuale.
Io però ho sempre considerato San Zuane un santo di prima grandezza forse perché, essendo stato mio padre responsabile della Bonifica del Catajo, ho appreso fin da giovanissimo l’importante funzione dell’acqua in generale e per le coltivazioni, l’irrigazione, i trasporti fluviali, ed i rischi connessi all’acqua soprattutto quelli relativi ai violenti nubifragi e alle alluvioni, e perciò mai gli sono transitato davanti senza dedicargli un pensiero e fare un accenno d’inchino.
Un giorno però ho dubitato di lui ed ancor oggi me ne pento.
Fu nel lontano 1951, uno sfortunato autunno, subito dopo le festività di novembre è iniziato un periodo di piogge ininterrotte che via via hanno fatto salire il livello dei fiumi e dei canali. Ricordo che papà per arginare la piena, che metteva a rischio inondazione la parte bassa del paese, restava ormai attivo al lavoro giorno e notte coi potenti motori elettrici sempre accesi per azionare le grandi turbine e pompare le acque di tutto il Ferro di Cavallo fuori sul Rialto superando con un balzo il dislivello negativo di quasi tre metri.
Ma il maltempo non dava tregua, la pioggia non calava di intensità, nei canali il livello delle acque continuava a crescere, il dislivello dalle valli di Battaglia al Rialto ormai superava i quattro metri, la potenza dei motori elettrici non era più sufficiente per mantenere in azione le turbine delle pompe. Papà fu costretto a mettere in moto il gigantesco e potentissimo motore Diesel udibile anche a noi dall’altro lato della statale, sulle Due Carrare, e cosi comprendemmo a pieno la gravità del momento, il pericolo della tragedia.
Se i primi giorni coi ragazzi si scherzava attorno all’acqua alta e torbida, a seguire i mulinelli, a vedere l’esplosione del getto in uscita dal tunnel sotto il Pigozzo, a catturare con piccoli retini, o lanciandoli con le mani sulla riva, grossi lucci e tinche in debito di ossigeno, quando poi l’acqua superò la golena a quel punto mi vennero a mente le premonizioni di papà.
Mi rattristai ed iniziai a controllare metodicamente la continua crescita del livello d’acqua e quando la comunicavo a papà, sempre più affranto, lo sentivo dire: “non è una buona cosa, non si mette bene”. Già da una settimana papà non tornava a casa sempre immerso nel terrificante rumore del gigantesco diesel che ad ogni giro sembrava far esplodere un colpo di cannone, tremava la terra intorno all’edificio e dalle Due Carrare arrivavano dei giovani, incuriositi da questo inconsueto tonf… tonf… tonf…, per vedere di cosa si trattasse e restavano esterrefatti di fronte all’imponente massa del motore e dell’incredibile dimensione del pesantissimo volano in rotazione.
Ricordo che chiedevo a papà di informarmi quando doveva ridurre la pressione nelle bombole del super compressore per poter uscire dalla sala macchine perché lo sfiato a oltre 200 atmosfere produceva un boato simile all’esplosione di una bomba, facendo vibrare il pavimento sotto i piedi, e intanto… papà invecchiava a vista d’occhio, al mattino quando gli portavo la colazione era brutto, sporco, distrutto, mi dava i soldi per il giornale, correvo in paese e di ritorno con lui subito a leggere della gravità della situazione.
Anche da noi in paese avevano chiuso le luci sul muretto del canale in via Terme con paratie e sacchi di sabbia e il Rialto ormai era a 30 centimetri dallo sfioro, tutto l’Ortazzo, le Chiodare, la Pescheria la via della Chiesa, la via delle Officine Galileo erano ormai sott’acqua, il nonno ci rassicurava dicendo che un’eventuale rotta ci avrebbe preso di ritorno, ma tutti eravamo preoccupati e tesi ed aspettavamo quasi con ansia che arrivasse la sera e la nonna intonasse il rosario.
La tensione era alle stelle, in quei giorni c’era un’alta marea eccezionale, il mare respingeva le acque dei fiumi, il vento soffiava contro corrente, tutto a far presagire una tragedia. Il personale della protezione civile controllava in continuazione i fontanazzi e il fianco degli argini, di notte li vedevo passare lenti e coi faretti accesi controllare le condizioni del terrapieno e della scarpata, finché un giorno… il vicino di casa, che possedeva la radio, ci comunica: il Po ha rotto ad Occhiobello.
Sono scappato di corsa per portare la tragica notizia a papà che stringendomi fra le braccia quasi assente disse tristemente : “siamo salvi” e poi tremando fra singhiozzi strozzati dire ancora: “per noi è fatta, ma l’acqua inonderà tutto il Polesine fino a Rovigo… che il Signore aiuti tutti quei poveri disgraziati, che tragedia… che tragedia…”
Da noi l’acqua incominciò lentamente a scendere, un centimetro alla volta, 20 il primo giorno altri 10 il secondo, e mentre ancora sembrava che il maltempo non volesse mollare la presa, ecco finalmente dal cielo un piccolo squarcio, un raggio di sole, ecco ritornare prontamente la speranza nei nostri cuori; da adesso però, sempre intenti e trepidanti a seguire la tragedia del Polesine.
Ecco sui giornali le foto di famiglie in fuga su carri trainati da buoi, di bestiame perso impantanato nei campi, di animali abbandonati nelle aie, di persone rifugiate sui tetti delle case, di barconi intenti a recuperare gli alluvionati dai loro impossibili ricoveri finché non giunge l’ultima terribile notizia, la tragedia delle 84 vittime del “camion della morte”.
Mi misi a piangere, la nonna venne a consolarmi ed io chiederle: “ma perché San Giovanni Nepomuceno non gli ha protetti?”
E la nonna, anche lei con gli occhi lucidi, a dirmi: “San Zuane può solo intercedere per noi ma non è in grado di contrastare la violenza catastrofica di cui e capace questo nostro universo. Vieni andiamo in chiesetta al Pigozzo a pregare per questi poveri defunti, perché siano bene accolti nella vita eterna”.
Caro San Zuane, ti chiedo scusa per questo mio momento di dubbio e ti ringrazio per le occasioni in cui mi hai dimostrato la tua vicinanza e la tua benevolenza:
Avevo otto anni quando a Figaroli giocando con l’acqua del rio in piena, che gorgogliava a sfioro del ponticello senza sponde, la sorellina di due anni cadde nella corrente: io non pensai, tu mi guidasti dentro l’acqua giù nella sponda e quando ormai non potevo più prenderla l’hai messa in un vortice che ha portato i suoi lunghi capelli verso la mia mano e una volta nella presa, la corrente me l’ha trascinata verso riva. A casa mi guardavano come un eroe ma il mio cuore era triste, avevo messo in pericolo i miei fratellini.
Avevo 13 anni quando sul canale di sopra, fra il Pigozzo e lo Squero, mentre nuotavo un ragazzino vicino a me è caduto nella corrente dibattendosi disperato perché non sapeva nuotare. Tu mi hai lanciato in acqua, ho sentito la pressione della corrente e dell’acqua profonda che mi vuotava i polmoni e il timore che mi invadeva la mente, ma con una mano sono riuscito a prendergli i pantaloncini e con l’altra a gattonare verso riva dove generoso mi è venuto incontro il canneto che, una volta afferrato, ci ha trascinati entrambi sul bagnasciuga. Sono rientrato a casa scosso, con ancora la pressione dell’acqua a svuotarmi i polmoni.
Avevo 15 anni, mi stavo ancora spogliando per fare il bagno quando un ragazzo davanti a me si è trovato in difficoltà con l’acqua alta alla “Botte”, mi hai tirato dentro l’acqua ma era veramente alta e forte la corrente, finché ero solo mi muovevo agevolmente ma con lui passivo l’acqua mi ha trascinato giù dalla spianata di cemento, giù in mezzo alle buche e ai pietroni dove mi sono trovato anch’io in difficoltà, non riuscivo a nuotare, non toccavo il fondo e ad intervalli finivo sott’acqua, e tu mi hai guidato a saltelli fin sulla riva.
Ho avuto davvero paura mi sono rivestito, dispiaciuto ho raccomandato al ragazzo di non venire più alla “Botte” da solo ma sempre in compagnia di qualche ragazzo più grande, non mi sentivo di rimproverarlo mi faceva già male vederlo andar via impaurito. Da quel giorno ho detto basta con l’acqua, e non sono più andato a nuotare fino a quando, in occasione delle nozze in Crociera verso la Grecia sulla nave Mount Olympus, mi sono concesso un tuffo in piscina.
Ecco perché Giovanni Nepomuceno, grande sacerdote e grande santo, ti chiedo perdono, nel momento del dolore temevo d’essere rimasto solo ma tu non mi hai mai abbandonato e me lo hai testimoniato con chiare prove: tre volte mi hai salvato dalle acque!
Grazie grande San Giovanni Nepomuceno, grazie caro San Zuane, non so cosa farei per farti osservare l’acqua corrente del canale.
Cosa darei perché i miei paesani girassero il tuo monumento.